Uno sguardo ai computer subacquei

Nell’era dell’elettronica e dell’informatica, i computer subacquei hanno vissuto l’evoluzione tipica del settore, ma con una velocità molto inferiore rispetto ai prodotti di largo consumo, come telefoni cellulari, notebook, tablet, ecc. Questo perché è la domanda del mercato che spinge le industrie ad investire e sviluppare in nuove tecnologie e quindi i computer subacquei, che sono comunque un prodotto di nicchia, hanno avuto un’evoluzione più lenta, rispetto al resto dell’elettronica di consumo. La minore domanda si riflette purtroppo anche sul costo dei computer subacquei, che, rispetto a dispositivi contenenti tecnologia di pari livello o anche superiore, si collocano in una fascia di prezzo medio-alta.

Un po’ di storia
Sappiamo che i pionieri della subacquea si immergevano con attrezzature spartane e artigianali, spesso da loro stessi modificate per adattarle alle proprie necessità professionali o sportive. In quegli anni i soli ausili per lo svolgimento delle immersioni in sicurezza erano le tabelle, che per praticità venivano “avvolte” su opportuni strumenti da polso, che ne facilitavano la consultazione. Necessari strumenti a supporto delle tabelle erano un orologio a quadrante con ghiera girevole per misurare il tempo e un profondimetro a lancetta per indicare la profondità, con movimento a molla o a bolla d’aria.

Attorno all’anno 1960 comparve il primo decompressimetro, costruito dalla società italiana SOS (Strumenti Ottici Subacquei) su progetto degli ingegneri De Sanctis e Alinari (che ne depositò il brevetto) e commercializzato a partire dagli anni ’70 anche da altre ditte, come Cressi, Scubapro, ecc. Il suo funzionamento era piuttosto semplice: un “polmone” contenente aria, chiuso da una membrana di ceramica porosa (che simulava i tessuti) collegata ad un tubo di Bourdon; l’aumento della pressione ambiente lentamente provocava la diffusione dell’aria attraverso la ceramica e il gas “assorbito” veniva misurato da una lancetta, che indicava le tappe di decompressione su un quadrante od una scala colorata. Questi strumenti si basavano esclusivamente su movimenti meccanici e leveraggi e, anche se ben costruiti, avevano i propri limiti e tolleranze e sono stati a lungo “amati e odiati” dai subacquei di allora.

I primi computer subacquei moderni, in grado di calcolare l’assorbimento e la desaturazione dell’azoto, fecero la loro comparsa alla metà degli anni ’80. Tra i primi modelli a essere messi in commercio ci fu il Decobrain di Hans Hass, seguito dall’Orca Edge, per arrivare a fine anni ’80, primi anni ’90, al capostipite della famiglia Aladin di Uwatec, che determinò l’affermazione generale di questo strumento tra i subacquei.

Negli ultimi anni la subacquea sportiva ha registrato un notevole aumento di utenti e questo ha fatto sì che le industrie del settore investissero maggiori risorse nello sviluppo dei computer subacquei. Con l’evoluzione dell’elettronica si sono ridotte le dimensioni e potenziate le funzionalità, ma alcune caratteristiche di base sono rimaste le stesse.

Il computer è attualmente un componente importante dell’attrezzatura del subacqueo per monitorare l’andamento dell’immersione e permettere una risalita in sicurezza, prevenendo l’insorgere di Malattia da Decompressione (MDD).

La sua funzione principale è monitorare l’assorbimento ed il rilascio dei gas inerti (azoto o elio) e indicare una procedura di risalita corretta. Se ci immergiamo entro la cosiddetta “curva di sicurezza”, possiamo risalire direttamente in superficie al termine dell’immersione e il computer controlla solo il rispetto della velocità di risalita prestabilita. Se ci immergiamo fuori curva di sicurezza (le cosiddette immersioni con decompressione) il computer richiede invece l’esecuzione di soste a determinate profondità per consentire il rilascio del gas inerte (azoto, elio) in eccesso dall’organismo prima di concludere l’immersione. In entrambi i casi è necessario che il microprocessore inserito all’interno della macchina esegua una serie di calcoli, secondo un programma interno prestabilito, denominato “algoritmo”

Che cos’è un algoritmo?
Un algoritmo è una formula matematica elaborata su base teorica o sperimentale per simulare il comportamento del gas inerte (azoto o elio), schematizzando il nostro organismo come suddiviso in tessuti ideali (definiti compartimenti), con tempi di saturazione e desaturazione diversi, regolati dalla natura stessa del tessuto e dalla sua vascolarizzazione. Sulla base della quantità di gas inerte assorbito e calcolato al variare della pressione ambiente e del tempo di esposizione, il computer subacqueo determina una risalita opportuna in modo che il gas inerte rifluisca dai tessuti in modo ordinato e sia smaltito dal filtro polmonare senza formazione di “bolle”, che pregiudicherebbero l’incolumità del subacqueo. L’algoritmo elabora le informazioni provenienti dai sensori inseriti all’interno dello strumento (pressione, tempo, temperatura) ed i dati sono mostrati al subacqueo sul display. Ad oggi sul mercato esistono sostanzialmente 2classi di algoritmi, elaborati secondo due diversi modelli teorici:

  • i Modelli a 1 fase, per i quali, in assenza di MDD, tutto il gas è presente nei tessuti in forma disciolta (fase liquida),
  • i Modelli a 2 fasi, che, oltre al gas disciolto in fase liquida, tengono conto che nei tessuti è sempre presente un certo quantitativo di gas sotto forma di bolle (fase gassosa). Il capostipite della teoria della decompressione e di tutti i modelli ad 1 fase è stato sicuramente John Scott Haldane, che all’inizio del ‘900 formulò la prima teoria sull’assorbimento e rilascio del gas inerte da parte dei tessuti del nostro corpo.

Le sue geniali intuizioni sono state sviluppate e migliorate negli anni, ad esempio grazie ai fondamentali contributi di Robert Workman e Albert Bühlmann, che elaborarono formule matematiche ancor oggi alla base del funzionamento della maggior parte dei computer. Con l’introduzione sul mercato dei computer subacquei, le varie case costruttrici hanno apportato adattamenti ed aggiustamenti agli algoritmi originali di questi studiosi, in generale per renderli più conservativi, anche in virtù della responsabilità dei programmatori, che devono mettere in commercio strumenti sufficientemente sicuri. Come accennato in precedenza i modelli a 2 fasi, tengono in considerazione che il gas inerte assorbito dal nostro organismo è presente in parte disciolto in fase liquida ed in parte (circa il 10%) sotto forma di microbolle. La presenza di microbolle nel circolo venoso è stata rilevata in seguito all’avvento della diagnostica doppler, che ha dimostrato la presenza di bolle libere anche in condizioni normali. Tali microbolle sono dovute:

  • alla circolazione del sangue,
  • all’apertura e chiusura delle valvole cardiache,
  • al movimento dei muscoli e degli arti.

Alla luce di quanto sopra, sono stati sviluppati alcuni algoritmi (es. VPM, Varying Permeability Model; RGBM, Reduced Gradient Bubble Model; GF, Gradient Factor) che, al contrario di quanto assunto dai modelli Haldaneani, tengono conto che un certo numero di microbolle è inevitabilmente presente nel subacqueo. I moderni computer che implementano questi algoritmi, partendo comunque da un modello di tipo Bühlmann, aggiungono alle usuali soste decompressive soste profonde denominate deep stops, per dare modo e tempo alle bolle di rilasciare il gas contenuto all’interno di esse e mantenersi, pertanto, entro un raggio di dimensioni tale da non arrecare danni all’organismo. Questi algoritmi sono spesso inseriti nei computer destinati alle immersioni avanzate.

Acquisto ed utilizzo
Se è difficile in poche righe descrivere come funzionano e cosa c’è dentro i vari tipi di computer subacquei oggi in commercio, altrettanto lo è dare consigli per l’acquisto e informazioni sul suo corretto uso.
Per quanto riguarda l’acquisto del computer subacqueo, sicuramente molto dipende dal tipo di utilizzo che il subacqueo deve farne, ovvero dalla tipologia di immersioni che solitamente compie e, quindi, anche dal suo livello di addestramento/certificazione. Oggi in commercio la tipologia di computer è molto differenziata per fascia di utilizzatori. Troviamo computer “entry level” adatti ai subacquei neofiti, perché costano il giusto e permettono comunque un ampio range operativo, senza essere eccessivamente complicati.
Ad esempio, ormai tutti i computer subacquei oggi consentono la doppia modalità aria/nitrox per lo svolgimento dell’immersione e (quasi) tutti consentono di scaricare il logbook delle immersioni sul PC (funzioni che fino a poco tempo fa erano riservata ai computer più costosi). Non tutti i computer subacquei, invece, permettono di gestire più miscele nella stessa immersione o hanno la modalità gauge o bottom time (solo tempo e profondimetro), funzioni utili per chi si avvicina al mondo delle immersioni avanzate.
Pochi sono quelli che permettono all’utente di scegliere tra più algoritmi quale utilizzare in immersione e addirittura cambiarlo sott’acqua o che possono essere utilizzati come elettronica di controllo nei sistemi a circuito chiuso. Ovviamente per un neofita che si avvicina alla subacquea o per chi non ha intenzione di svolgere immersioni di un certo tipo non ha molto senso acquistare strumenti eccessivamente complicati e costosi. Altra esigenza che è opportuno prendere in considerazione per la scelta del computer è la facilità di lettura in immersione. Da alcuni anni sono stati immessi sul mercato i cosiddetti computer-orologio, cioè computer delle dimensioni di un orologio medio-grande. Il vantaggio di questi strumenti è di poterli portare sempre addosso e quindi, per rubare una nota frase di marketing, “portare la subacquea nella vita di tutti i giorni”.

Questi strumenti hanno però display di dimensioni ridotte e in caso di scarsa visibilità, maschera appannata o per chi ha problemi di vista da vicino, in immersione possono risultare difficili da leggere. Non sono pochi i subacquei che, comprato il computer costoso e di ultimo grido, hanno dovuto dopo poco svenderlo perché “i numeri erano troppo piccoli”!
Una volta effettuato l’acquisto, è fondamentale leggere attentamente il manuale d’istruzioni e confrontarsi con il proprio istruttore per poter utilizzare lo strumento al meglio delle sue possibilità. Ma non è questa la sede per approfondire l’argomento assai vasto dell’uso del computer. Ricordiamo solo che in generale la ridondanza nell’attrezzatura è un aspetto importante per il subacqueo e nel caso di malfunzionamento del computer è necessario avere al seguito un secondo strumento per la profondità e il tempo e avere in tasca le vecchie ma non tramontate Tabelle d’Immersione. O al più avere un computer di backup.
Ultima cosa, la più importante da ricordare, è che dobbiamo essere noi a guidare l’immersione e non essere dipendenti dallo strumento. Quindi “accendiamo lo strumento ma non spengiamo il cervello”.