Rischio e analisi del rischio - Marzo 2020
Nel numero di DIVE! dello scorso dicembre l’articolo di Daniele Corvetto sull’analisi dell’errore apre una finestra all’attività di ricerca scientifica e culturale della “subacquea e la sua diffusione nel nostro ambiente”. Una prima panoramica sul tema dell’analisi dell’errore e del Fattore Umano fu introdotta nel 2008 nel Manuale Federale per Istruttori di Capraro e Portella. In questo manuale gli autori proposero sapientemente ed in modo attinente alla subacquea una serie di argomenti di base, che sono stati poi lo spunto per successivi sviluppi e attività. In ambito subacqueo da tempo si organizzano incontri, workshop, ecc. per approfondire con esperienze e laboratori specifici le tematiche citate. Queste attività, sono presenti anche nel nostro settore, dove un gruppo di appassionati della tematica (Capraro, Fedele, Corvetto) già 5 anni fa ha iniziato a presentare una versione “dal vivo” dei concetti di Fattore Umano contenuti nel Manuale citato. Queste attività ne hanno stimolate altre, come il lavoro sulla “Comunicazione senza fili”, a cura di Banfo e Micheletti, o sulle Soft Skills (o competenze non tecniche), a cura di Corvetto e Fedele, quali la consapevolezza situazionale, la leadership e il problem solving. É veramente curioso come lo stimolo esercitato da queste tematiche abbia prodotto una contaminazione culturale, che ha portato all’unione dei singoli gruppi in un team esperienziale allargato.
Ma torniamo a noi. Nell’articolo citato, si chiarisce che “con best practices si intendono le esperienze, le procedure o le azioni più significative, o comunque quelle che hanno permesso di ottenere i migliori risultati, relativamente a vari contesti e obiettivi prescelti”.
Per inquadrare e dare concretezza aqueste parole, viene in aiuto l’esperienza in ambito aziendale/industriale, dove l’errore viene esaminato e fatto oggetto di prevenzione, per evitare che i danni comportino perdite economiche insostenibili. Analogamente, l’ultima evoluzione della legislazione e della normativa tecnica in genere sta passando da un approccio rigido di tipo prescrittivo ad uno più dinamico legato all’analisi del rischio.
In ogni attività umana, e ovviamente anche nella subacquea, la cultura della sicurezza è fondamentale. Per questo si mettono in campo tutte le azioni per individuare e prevenire le condizioni ad elevato fattore di rischio ed elevato potenziale di errore, in modo da poter attuare le azioni necessarie ad evitare o mitigare le conseguenze entro livelli accettabili. Questa è la cultura della sicurezza.
Ora, dobbiamo definire cosa si intende per rischio e analisi del rischio. Sono parole conosciute a tutti, ma spesso non ci soffermiamo sul reale significato.
“Il rischio è la potenzialità che un’azione o un’attività scelta (includendo la scelta di non agire) porti a una perdita o ad un evento indesiderabile”.
Conseguentemente, con il termine analisi del rischio si indica l’identificazione e determinazione quantitativa o qualitativa del rischio associato ad una situazione ben definita e ad una minaccia conosciuta (detta pericolo).
Come si effettua l’analisi del rischio? Si possono applicare diverse metodologie, ma per motivi di sintesi, ne proponiamo due, che sono tra le più efficaci ed efficienti e possono essere facilmente attuate anche da persone non addette ai lavori: l’analisi SWOT e il processo FMEA.
L’analisi SWOT
La parola SWOT è l’acronimo inglese di:
- Strengths (punti di forza),
- Weaknesses (debolezze),
- Opportunities (opportunità),
- Threats (minacce).
Questo metodo, nato a cavallo degli anni ‘70 e ‘80 alla Università di Stanford, viene solitamente usata durante la pianificazione strategica e, opportunamente adattato, può essere uno strumento efficace per individuare i punti deboli ed i pericoli insiti in una procedura o processo anche in ambito subacqueo, ad esempio, al processo di pianificazione dell’immersione (dove mi immergo, cosa vado a vedere, che tipo di immersione voglio svolgere, che strategiadiimmersionevoglioattuare, ecc.).
Torniamo al metodo SWOT. Questo si applica attraverso uno schema o matrice, compilando il quale si analizza fase per fase il processo/procedura. Al termine di questa analisi, avremo un’istantanea nuda e cruda del processo/procedura analizzato, che ci permette di ragionare sulla sua effettiva funzionalità ed efficacia. Presentiamo di seguito una matrice SWOT per l’analisi di un’attività legata alla subacquea.
Gli “elementi interni” sono le caratteristiche proprie del sommozzatore/apneista, mentre gli “elementi esterni” sono le caratteristiche non controllabili dal soggetto, che possono influenzarne positivamente o negativamente l’azione. Sopra la matrice è indicato lo scopo dell’analisi (ad esempio la modalità di briefing e debriefing, di pianificazione e programmazione, strategia, comportamento in immersione, tecnica d’immersione, solo per citarne alcuni).
Processo FMEA
FMEA è l’acronimo di Failure, Mode and Effect Analisys ed è l’analisi dei modi e degli effetti di ciò che non ha funzionato/funziona/funzionerà. Nata in ambito militare negli Stati Uniti nel 1949, è una metodologia utilizzata per analizzare le modalità di guasto o di difetto di un processo/prodotto/sistema, analizzarne le cause, anche in fase predittiva, e valutare quali sono/saranno gli effetti. L’analisi si compone delle seguenti fasi:
• Scomposizione del processo/sistema in sottosistemi elementari.
• Analisi dei guasti/criticità dei sottosistemi, avendo cura di elencare tutti i possibili modi di guasto / errore / incidente, ovvero:
– possibili cause,
– possibili effetti,
– tutti i controlli in essere (a prevenzione o a rilevamento del modo di errore/incidente).
• Per ogni combinazione di criticità/causa si devono valutare tre fattori:
– P, probabilità di accadimento,
– G, gravità dell’effetto,
– R, rilevabilità.
La combinazione dei fattori permette di individuare le situazioni più critiche, mediante l’Indice di Priorità del Rischio (RPN o Risk Priority Number).
Quest’ultimo è il risultato del prodotto dei tre fattori, a cui si assegna un valore da 1 a 10 (per le voci “P” e “G” 1 rappresenta la condizione di minimo rischio e 10 quella di massimo rischio, mentre è il contrario per la voce “R”). I valori sono normalmente reperibili in apposite tabelle per gli ambiti aziendali/industriali, che possono essere mutuate e adattate per l’ambito subacqueo.
A massima serietà, costituiscono ciò che possiamo definire il bagaglio culturale, prima che tecnico, di ciascun subacqueo.
Le azioni di miglioramento del processo/sistema devono essere focalizzate ed attuate sui modi di errore che presentano i più alti indici di priorità del rischio.
L’analisi deve essere ripetuta sul processo integrato dalle azioni migliorative, per verificare se tali valori sono diminuiti, ovvero se il livello di rischio è stato mitigato al valore minimo (rischio residuo).
I risultati potranno poi essere inquadrati in una rappresentazione grafica, matrice del rischio, che ne evidenzierà in modo immediato l’efficacia.
La matrice può essere utilizzata anche incrociandola con i risultati dell’analisi SWOT. Se prendiamo i punti di debolezza e le minacce individuati ed assegniamo loro probabilità ed entità del danno che, se fossero trattate con superficialità, potrebbero generare, avremo un immediato ritorno del livello di rischio cui ci sottoponiamo.
Queste, sono solo alcune delle metodologie, che funzionano solo se si ha la voglia e la curiosità di mettersi in discussione. Sicuramente qualcuno si domanderà “come entrare in contatto con questo mondo e queste dinamiche”. Un buon inizio è un’attenta lettura del Manuale Federale per Istruttori, seguito, e questo è un punto fondamentale, dalla partecipazione ad incontri dedicati al tema. La sperimentazione solitaria e fai da te è sconsigliata, perché i migliori risultati si ottengono mediante il loro sviluppo in gruppi di lavoro eterogenei.
Possiamo ora dare una risposta alla domanda “Cosa significa rischio accettabile?”. È evidente che ogni rischio può essere mitigabile, ma non completamente annullabile. La mitigazione del rischio dipende sostanzialmente dalla tipologia di attività cui afferisce, pertanto, per comprenderne l’accettabilità, è fondamentale la consapevolezza del livello di rischio residuo. Ogni decisione sarà esclusivamente frutto della consapevole scelta personale, basata su una selezione di informazioni validate dalla comprensione del suddetto livello di rischio residuo.
A questo punto per trasformare il tutto in azione cosa possiamo fare?
Possiamo, ad esempio, guardare la matrice SWOT e fare delle riflessioni sugli elementi in essa individuati; avremo una chiara visione di opportunità, che ci permetterà di gestire al meglio le eventuali minacce che derivano dal contesto esterno. Questo è un passaggio che diventa essenziale se ci si sforza di crescere, discutere, mettersi in discussione ed imparare sempre qualcosa di nuovo. Si, imparare sempre qualcosa di nuovo! Che penso sia, dopo tutto, la migliore “best practice”.
“È meglio accendere una piccola luce che maledire l’oscurità!” (Confucio)
Bibliografia per approfondimenti
- Manuale Federale per Istruttori – G. Capraro, F. Portella – Editrice La Mandragora
- L’Analisi dell’Errore in una cultura della conoscenza – D. Corvetto – DIVE n°8 dic. 2019
- Soft Skills: Con-vincere con le competenze trasversali e raggiungere i propri obiettivi. G. Carlotto 2018. Franco Angeli.
- Formazione outdoor: apprendere dall’esperienza.
- Teorie, modelli, tecniche, best practices. Marco Rotondi 2010. Franco Angeli.
- LA SWOT ANALYSIS IN 4 STEP. Come sfruttare la matrice SWOT per fare la differenza nella carriera e nel business. – S. Calicchi
- E. Cescon, M. Sartor,La Failure Mode and Effect Analysis (FMEA), Milano, Il Sole 24 ore, 2010.