Il Mar Mediterraneo - Dicembre 2019
Il Mare Nostrum, nel succedersi delle varie epoche storiche, si è dimostrato culla e sede di molte civiltà, al punto che nessun’altra parte del mondo appare sotto questo punto di vista paragonabile. Il nome Mediterraneo significa letteralmente “in mezzo alle terre”, dall’alto le coste, infatti, lo disegnano come un mare chiuso, che comunica solo con l’Oceano Atlantico attraverso lo Stretto di Gibilterra e con l’Oceano Pacifico tramite il Canale di Suez (da pochi anni purtroppo ampliato), che lo collega al Mar Rosso.
Si calcola che le sue acque si ricambino completamente in un ciclo di 80-100 anni, attraverso una circolazione delle correnti complessa e articolata. Presenta una superficie totale di circa 2,5 milioni di chilometri quadrati, con un volume di circa 3,7 milioni di chilometri cubi di acqua salata; il punto più profondo è di 5270 metri ed è chiamato l’abisso Calipso, situato nel Mar Ionio sud-orientale al largo della Grecia, mentre la profondità media si aggira sui 1500 metri; i parametri sia di salinità che di temperatura, così come del resto tutte le caratteristiche chimico-fisiche e biologiche, negli ultimi decenni stanno subendo importanti modificazioni legate al processo globale del Climatic Change.
Il Mediterraneo “vero e proprio”, escludendo quindi il Mar Nero, dovrebbe risultare un mare temperato-caldo, classificabile come oligotrofico (ossia povero di sostanze nutritizie e fitoplancton), stato evidenziato dalla grande trasparenza delle sue acque, ma anche questa caratteristica ecologica sta pian piano subendo profonde modificazioni, subendo sempre più la spinta della tropicalizzazione.
Sulle coste del Mediterraneo grava una popolazione, in costante aumento, di circa 150 milioni di abitanti, alla quale si deve aggiungere una pressione turistica annuale di più di 100 milioni di turisti, spesso concentrati in alcuni periodi dell’anno!
Tutti questi fattori urbanistici e geofisici sono in parte la causa del continuo aumento di fonti d’inquinamento e di perdita di habitat e diminuzione costante del valore di biodiversità, ai quali si auspica di porre velocemente, se non un rimedio, almeno un tampone efficace. Il Mediterraneo, quindi, ha urgente bisogno di interventi di gestione che prendano in considerazione l’intera fascia costiera, cioè tutta quella zona che comprende non solo le coste propriamente dette, ma anche un’ampia porzione di mare prospiciente le coste e tutte quelle terre emerse che sono interessate dallo stesso bacino idrografico.
In Mediterraneo si trovano principalmente organismi di origine atlantica, dal momento che il nostro mare è, di fatto, un immenso golfo collegato all’Atlantico.
Rispetto all’oceano, però, il Mar Mediterraneo presenta molte peculiarità la cui origine va ricercata nelle vicissitudini geologiche che hanno portato alla sua formazione.
Tra le molte specie atlantiche possiamo trovare organismi ad affinità fredda, caratteristici delle coste del nord Europa e penetrati in Mediterraneo durante le ere glaciali, ed organismi ad affinità calda, tipici delle coste africane ed arrivati durante i periodi interglaciali.
Gli uni e gli altri sono in massima parte scomparsi rimanendo segregati in aree del bacino con particolari caratteristiche di temperatura delle acque. Tra gli organismi ad affinità fredda possiamo ricordare lo scampo (Nephrops norvegicus) e la stella spinosa (Marthasterias glacialis); organismi ad affinità calda sono, ad esempio, la donzella pavonina (Thalassoma pavo) e la stella pentagono (Peltaster placenta).
Molti animali e vegetali atlantici, una volta isolati dalle popolazioni di origine e sottoposti a nuove condizioni ambientali, sono evoluti in specie nuove andando a costituire endemismi, cioè specie esclusive del bacino.
Alcuni endemismi mediterranei non hanno, però, origine atlantica, ma derivano direttamente dalla fauna e dalla flora originaria del paleoceano Tetide, da cui è evoluto il Mediterraneo, sopravvivendo a grandi modifiche geologiche, tra le quali anche un quasi completo disseccamento. Il paleoendemismo mediterraneo più conosciuto è la fanerogama marina Posidonia oceanica. Nella seconda metà del XX secolo, il Mediterraneo si è arricchito anche di specie di origine indopacifica, penetrate in parte attraverso il Canale di Suez, ma soprattutto introdotte dall’uomo, sia volontariamente, per scopi di allevamento e pesca, sia involontariamente, giunte nel nostro mare attaccate alle chiglie di imbarcazioni, nelle acque di zavorra delle navi o associate ad altre specie importate.
Riassumendo, oggi possiamo riconoscere in Mediterraneo due principali gradienti: il primo orizzontale, che vede una preponderanza di specie atlantiche nel settore occidentale e mediterranee in quello orientale, il secondo verticale, che mostra specie ad affinità fredda distribuite soprattutto nelle aree più settentrionali e specie ad affinità calda in quelle meridionali. Tale schema di massima è poi modificato da situazioni locali particolari e da una continua evoluzione negli areali degli organismi, nonché dall’arrivo casuale delle specie introdotte.